La Relazione che accompagna la “Riforma del condominio” evidenzia che: «La disciplina del condominio richiedeva da tempo una profonda revisione anche in relazione allo stratificarsi in un contenzioso via via sempre più diffuso e complesso».

La Riforma consiste nella modifica di alcuni articoli del codice civile del 1942, che, a sua volta ha sostituito il codice civile del regno d’Italia del 1865.

La vera innovazione riguarda la figura dell’amministratore (il corpo dell’articolo 1129 è aumentato di ben 12 volte) tanto che taluni, a proposito della nuova disciplina, parlano di riforma dell’amministratore del condominio; nel resto delle norme non c’è alcun accenno in termini di riduzione del contenzioso civile, ma vi si annida, anzi il rischio di un aumento della litigiosità

Il legislatore non ha avuto il coraggio e la capacità intellettiva di produrre norme innovative di sicura applicazione per convincere i condomini a rinunciare alla microconflittualità, cresciuta negli ultimi anni soprattutto per motivi futili. Secondo l’ultimo “Rapporto Censis Servizi sui condominii italiani” l’80% degli episodi di litigiosità si risolve nell’ambito delle assemblee condominiali; il 12% delle liti trova, invece, una conciliazione solo dopo aver dato avvio ad un contenzioso legale che viene poi abbandonato e il restante 8% si risolve solo con la sentenza di un tribunale o un giudice di pace.

Ovviamente allo stato non si dispongono dati relativi all’istituto della media-conciliazione recentemente reintrodotto

La riforma, in sostanza, si è limitata a far propri, quasi interamente, gli orientamenti della Cassazione, senza fare distinzione tra i principi posti dalle Sezioni semplici da quelli enunciati dalle Sezioni Unite, massima espressione della giurisprudenze italiana, danno un orientamento definitivo, quando occorre dirimere contrasti tra le decisioni delle singole sezioni.

Si prenda l’esempio dell’art. 1124 del Codice civile:

Su 8.000 cause pendenti ogni anno presso il Tribunale Civile di Roma, 4.000 sono della Sezione che riguarda il condominio. Da un’indagine del Centro Studi ARCA, risulta che su 100 cause di detta sezione che hanno richiesto una Consulenza Tecnica d’Ufficio, 43 riguardano spese condominiali e tabelle millesimali ove sono comprese 19 cause che riguardano anche le spese di manutenzione delle scale e 16 che riguardano anche le spese dell’ascensore

L’art. 1124 è un corpo estraneo ed inutile, che nasce nel 1942 da una gaffe dell’allora Guardasigilli Grandi che nella sua Relazione al Re che accompagnava l’approvando testo normativo del vigente Codice Civile svolgeva la seguente considerazione: “Per quanto riguarda le scale, ho abbandonato il sistema del Codice del 1865 che portava a conseguenze non del tutto eque, aggravando eccessivamente l’onere dei proprietari degli ultimi piani. Ho ripartito invece le spese per la manutenzione e ricostruzione tra i proprietari dei diversi piani a cui servono, per metà, in ragione del valore dei singoli piani o porzione di piano, e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.”, senza accorgersi che nel diminuire l’onere della spesa, dimezzando il riferimento al valore, lo stesso onere finiva per aggravarsi, in misura maggiore con il secondo addendo, proprio perché faceva riferimento all’altezza del piano.

I numerosi giudizi, intrapresi dai condomini degli ultimi piani (proprietari del piano attico o di una soffitta trasformata in abitazione), mettevano in imbarazzo i Giudici quando si trovavano in presenza di un valore sproporzionato rispetto all’uso effettivo del bene comune.

La gaffe sull’art. 1124 del guardasigilli Grandi è stata raddoppiata dalla riforma in oggetto, quando, invece di abrogare l’intero articolo, perché il precedente articolo1123 è più che esaustivo per la ripartizione di tutti i numerosi capitoli di spesa (ivi comprese le scale), vi ha aggiunto le spese dell’ascensore.

La ripartizione delle spese necessarie per la conservazione e per la prestazione del servizio dell’ascensore, trova, nei regolamenti di condominio, il suo naturale riferimento nell’art. 1123, specialmente dopo avere eliminato l’uso della gettoniera. E’ proprio il riferimento, per analogia fra scale e ascensore, che porta i condomini degli ultimi piani a sostenere una causa fino alla Cassazione.

In giurisprudenza, alle sentenze di Cassazione che dispongono l’applicazione della regola posta dall’art. 1124 per la ripartizione delle spese relative all’ascensore, fanno riscontro altre sentenze (Cass. n. 5479 del 16 maggio 1991 e n. 2833 del 25 marzo 1999) secondo le quali, “nell’ipotesi d’installazione ex novo dell’impianto dell’ascensore trova applicazione la disciplina dell’art. 1123 cod. civ. relativa alla ripartizione delle spese deliberate dalla maggioranza”

In effetti l’art. 1124 specifica, per le scale, quanto, in generale, dispone l’art. 1123 che divide le spese in due entità, quelle per la conservazione del bene, sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà, e quelle per il godimento delle parti comuni, ripartite in proporzione all’uso.

Infatti, nel primo addendo dell’art. 1124 si sono stimate pari al 50% le spese indifferenziate per la conservazione del bene; nel secondo addendo la restante metà della spese è da ripartire in proporzione dell’uso che ciascuno può farne, in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo. Da ciò si evince che l’art. 1124 è valido soltanto per gli edifici con i piani di consistenza omogenea. In un qualsiasi edificio di dieci piani con una soffitta o una cabina idrica condonata con un cambio di destinazione ad abitazione, la causa è certa, a meno che il regolamento del condominio non deroghi l’articolo, a vantaggio di un condomino, che, però è in minoranza.

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma dimostra, specialmente dopo la riforma, che la litigiosità in condominio si assottiglierebbe attraverso un’ampia informazione, di derogare, con il regolamento di condominio, ai molto articoli del codice civile derogabili,

DALLA SENTENZA DI CORTE D’APPELLO

“I condomini proprietari del quinto piano dell’immobile convenivano in giudizio la proprietà della struttura alberghiera che occupa gli altri piani dello stesso edificio.

Lamentavano che l’assemblea condominiale aveva ripartito secondo il criterio tradizionale e, quindi, in maniera ingiusta le spese dell’ascensore, non avendo tenuto conto che la struttura alberghiera, con particolare riguardo ai clienti e al personale, usufruisce dell’ascensore con consumi e frequenze nettamente superiori a quelle delle unità immobiliari, abitate solo da poche persone.

Istruita la causa, il Giudice Unico del Tribunale adito, con la sentenza emessa, rigettava la domanda, e dichiarava inammissibile l’impugnativa delle delibere assembleari con conseguente obbligo per gli attori di pagare tutte le quote condominiali, e li condannava, altresì, al rimborso delle spese del giudizio.

I condomini presentavano appello, lamentando l’erroneità della sentenza impugnata, di cui chiedevano la riforma.

Le esposte innovazione di vasta portata hanno consentito alla Corte di disporre la revisione delle tabelle relative all’uso dell’ascensore, nominando all’uopo un c.t.u. incaricato di effettuale una diversa ripartizione delle spese, tenendo conto non solo dell’altezza del piano, ma anche e in misura rilevante dell’intensità di uso dell’ascensore in relazione alla destinazione alberghiera dei primi quattro piani dell’edificio.

Il c.t.u. a conclusione della sua indagine che è congruamente motivata per essere fondata su preciso esame obiettivo dello stato dei luoghi e su considerazioni tecnico legali, immuni da errori logici e scientifici, ha proposto una tabella , che va pienamente condivisa dal Collegio, atteso che questa ripartisce la spesa per l’esercizio dell’ascensore sulla base dell’effettivo uso dello stesso e della relativa usura dell’impianto elettrico, che negli ascensori notoriamente è molto elevata, poiché le correnti di spunto nella fase di avvio sono notoriamente rilevanti.

Il c.t.u., sulla base dei valori di proprietà, che vanno ritenuti congrui ha calcolato in misura proporzionale a tali valori il primo addendo in 250 millesimi e il secondo in 50 millesimi (per accesso al terrazzo), nonchè il terzo in 700 millesimi, calcolando quest’ ultimo in misura proporzionale al prodotto di due fattori, dati dal tempo di percorrenza dell’ascensore per raggiungere i singoli piani e dalla capienza massima dei condomini residenti e degli ospiti dell’albergo come consentito dalla legge, con la precisazione che la somma dei tre addendi (1.000) rappresenta il valore millesimale per la ripartizione delle spese di uso e manutenzione dell’ascensore.

Il c.t.u. ha precisato che tale spesa, a carico del quinto piano è pari a 146 millesimi, che sostanzia una diversa misura rispetto a quella attuale di 216 millesimi, che si riferisce ad epoca anteriore all’esecuzione degli ultimi lavori di ristrutturazione.”

LA CORTE condanna la società alberghiera di rimborsare all’appellato le spese di entrambi i gradi.

L’ipotesi di calcolo ai sensi dell’articolo 1124 c.c. è di 260 millesimi